Attività sociali
La S.O.M.S: 150 anni di storia di Sannazzaro.
Nata sulla spinta di un bisogno di
associazionismo, del principio che " nel mutuo soccorso e
nella cooperazione volontaria i lavoratori possono elevare
le loro condizioni morali e materiali con le proprie forze
", e configuratasi di fatto come una primitiva
organizzazione di classe, la soms si è trasformata, nel
corso di un secolo e mezzo, in una delle più importanti e
attive istituzioni culturali locali. Quello che qui ci
proponiamo è un "viaggio" nella sua storia che, in fondo,
è anche un po' quella della nostra realtà e del nostro
paese.
1872: LA REALIZZAZIONE, NASCE LA SOMS
LO SCOPO DELLA SOMS, IL "MUTUO SOCCORSO", LE SUE REGOLE
Nacque nel 1851 a Sannazzaro l'idea di costituire una Società Operaia di Mutuo Soccorso, con l’intento di stringere in società artigiani, artisti, operai e contadini " nell'intendimento di reciprocamente coadiuvarsi e per promuovere l'istruzione di ogni classe ".Si tenne, nel pomeriggio del 12 ottobre, una apposita adunanza nella chiesa di S. Bernardino, per stabilire la formazione della società e approvarne il regolamento. Promotore della iniziativa fu D. Vìtaliano dei marchesi Crivelli, che ne divenne il primo presidente.
1872: LA REALIZZAZIONE, NASCE LA SOMS
Quella soms resistette, purtroppo, solo due anni, a causa di una poco oculata amministrazione, ma fu ricostituita nel 1872, con il nome di "Società Operaia di Mutuo Soccorso di operai, artisti e contadini" e nella sua prima adunanza, il 24 novembre, fu eletto come presidente Giuseppe Barbieri e si approvò lo statuto, mentre il 20 aprile dell'anno seguente si procedette alla inaugurazione. In quella occasione ci fu un boom di iscrizioni, che raggiunsero il numero di 633 (tra cui appartenenti alle più diverse attività del paese): ci fu un grande festeggiamento con grande orgoglio cittadino per ciò che i lavoratori sannazzaresi erano riusciti a creare. L'unica parte scontenta era l'autorità ecclesiastica, tanto che il vescovo di Vigevano, invitato a benedire la bandiera della società, non aveva aderito alla cerimonia sostenendo che " non si rintracciano, in tale associazione, intenti alcuni ispirati alla religione, nè volontà di rispettarne i principi ". Ciò aveva permesso al presidente della soms di denubciare l’ostilità della Chiesa verso tutto ciò che è liberale, progressista, umanitario ". Per dimostrare il contrario il parroco aveva promosso nel 1891 la costituzione di una Società Cattolica di Mutuo Soccorso "tra i contadini e le donne", le categorie escluse dalla soms, tuttavia le adesioni furono solo 25, e l'iniziativa fallì.
LO SCOPO DELLA SOMS, IL "MUTUO
SOCCORSO", LE SUE REGOLE
La soms si prefiggeva il compito di coadiuvare i suoi soci nei " vari casi che possono accader lungo la vita ", e di " promuovere l'educazione e l'istruzione della classe operaia per il benessere morale, materiale e fisico dei soci ". Lo statuto prevedeva un numero di soci illimitato, ma li distingueva in effettivi, onorari e onorari perpetui. "Sono soci effettivi quelli che vivono mediante il provento di un quotidiano lavoro, esercitando una professione, un impiego, arte o mestiere industriale o commerciale; onorari benefattori coloro che concorrono a promuovere la società con quote annue o con altre offerte spontanee non inferiori a lire 6 e onorari perpetui coloro che faranno dono alla società di una somma non inferiore a lire 100 ". Al momento della costituzione della società gli unici soci perpetui furono Strada cav. dott. Pietro, deputato (che offrì ben 600 lire) e Nocca Giovanni fu Luigi. Poteva essere socio effettivo ogni operaio, residente in Sannazzaro e dintorni, purché di sana costituzione, con almeno 16 anni e non più di 50, in possesso dei diritti civili e della stima comune; mentre era interdetta l'iscrizione non solo ai condannati per qualsiasi reato, ma anche ai provocatori di scioperi ingiusti, agli ubriachi abituali, a chi conduceva vita oziosa e riprovevole, e a chi maltrattava la famiglia o la trascurava. Nei primi anni era consentito alle donne di partecipare alla Società; recitava lo statuto: " Essendo questa associazione un'opera di carità e fratellanza possono anche le donne far parte di essa, godendo di quasi tutti i diritti spettanti agli uomini" (potevano votare ma non concorrere alle cariche amministrative). La somma dovuta dai soci effettivi era di 50 centesimi mensili, mentre i soci onorari contribuivano annualmente, con somme di denaro o altre utilità mai di valore inferiore a 6 lire. Chi avesse ritardato il pagamento per più di due mesi sarebbe stato escluso dalla società, che a sua volta si impegnava a somministrare ai soci malati o divenuti inabili al lavoro un sussidio, determinato in base ai versamenti effettuati; sussidio che veniva concesso anche alle donne, in quantità inferiore, ma non alle donne in stato di gravidanza a meno che " non avessero anche altre malattie ". Il socio che raggiungeva i 65 anni di età aveva diritto a una pensione non inferiore a 8 lire. Nel 1884 si approntò un nuovo regolamento: la società mutò il nome in "Associazione di mutuo soccorso tra gli artisti" e vennero esclusi le donne e i contadini. Recitava infatti l'articolo 106: " Non saranno ammesse a socie effettive le donne di qualunque età esse siano. Non possono parimenti far parte della Società come soci effettivi, contadini, braccianti, spaccalegna, coloni e tutti coloro che in qualsiasi modo attendono a lavori campestri" (dal 1905 era necessario anche saper leggere e scrivere). La motivazione dell'esclusione fu essenzialmente di carattere economico e organizzativo, poiché nè donne nè contadini godevano di un lavoro continuativo. La società si occupava, oltre che della previdenza assistenziale, anche della istruzione dei soci: istituì nel 1890 la Scuola serale, valendosi a tal fine di tutti quelli che volevano prestarsi a tale impegno, e una biblioteca sociale, mentre nel 1913 istituì una Scuola festiva di istruzione e disegno, con scopi di divulgazione culturale fra le classi meno abbienti. Nel 1886 la SOMS ottenne il riconoscimento della personalità giuridica dal tribunale di Vigevano, con obbligo di affissione dello statuto alla porta del Tribunale di Vigevano, del Comune di Sannazzaro e della Borsa valori di Milano, e il 26 aprile 1890 fu insignita della medaglia d'argento dal Ministero della agricoltura e commercio per l’'"ottima organizzazione".
Nel 1885 i soci erano 330, di cui 35 onorari, la società possedeva un patrimonio di 18.394 lire e, viste le possibilità finanziarie, si pensò di costruire un "Salone", un locale adatto alle conferenze, soprattutto di carattere politico e sindacale, ma anche luogo dove il ceto popolare potesse sfogare la passione per il ballo, per la quale gli abitanti di Sannazzaro erano famosi nella zona e soprannominati "Balabiut". Nell'assemblea del 24 maggio 1886 si decise ufficialmente per la costruzione del caseggiato sociale e si incaricò una apposita commissione per la ricerca dell'area fabbricabile " in località il più centrale possibile". La scelta cadde su una zona aratoria di 500 metri quadrati, di fianco alla via Milano (poi chiamata Allea e infine viale Italia), di proprietà del signor Domenico Fagnani e di sua moglie Ernesta Zanotti. Il 26 maggio, davanti al notaio P. Ravasio, si concluse la vendita, che sanciva che " il sig. Fagnani Domenico proprietario possessore dell'aratorio ove dicesi il Portone, appena fuori dalla parte principale dell'abitato, in fregio alla via Milano aliena il proprio fondo ai signori Daglio, Calligaris, Pollini, Zucca, Lova (i componenti della commissione incaricata), rappresentanti della locale soms. per la somma di lire 1.000 per ogni Pertica Pavese, per un totale complessivo di 4.292 lire italiane ". Sul disegno dell’ingegner Celada di Pieve del Cairo e realizzazione dell'impresa Romè-Zecca , si eresse il fabbricato sociale, da tutti poi chiamato semplicemente "Salone" che. a opera finita, venne a costare 10.963 lire. L’edificio fu inaugurato il 31 ottobre 1886, ma già nel 1887 si acquistò un'area adiacente per provvedere a un ampliamento del Salone stesso. Nel 1893 la società concluse un contratto con la "Società di illuminazione elettrica in Lomellina", per la fornitura di " numero 6 fiamme da 16 candele e numero 9 fiamme da 10 candele " per le quali fu stipulato un abbonamento "cadauna volta sino alla mezzanotte di lire 3 per sera di accensione pagabili a rate mensili posticipate". Il teatro da allora, e sino al 1947, anno in cui fu ristrutturato, consisteva di un solo piano, con una zona centrale in cui si ballava durante le feste danzanti, più due "navate" laterali divise dal centro con file di colonne. La struttura era in relazione alla divisione dei posti a sedere in "primi posti", "secondi posti" e "terzi posti": durante le serate di cinema (dal 1900 in poi) i "primi posti" erano situati oltre la metà verso il retro della parte centrale, e costavano (negli anni 1910-20) due lire, i "secondi posti" erano situati nella prima metà della sala e oltre i colonnati laterali costavano una lira. Nelle serate di opera o operetta, invece, i "primi posti" erano situati nelle primissime file, e costavano ben tre lire, i "secondi" situati dietro costavano due lire e i terzi posti, oltre le colonne, che erano i più economici, solo una lira. C'erano inoltre, ai lati del palcoscenico, due palchetti, riservati alle persone "di riguardo, e una balconata in legno riservata alle autorità. Gli ospiti del Salone potevano usufruire anche di una "Sala Caffè", con poltroncine e tavolini, situata nella parte sinistra dell'ingresso, affittata annualmente, insieme con una lampada elettrica a 16 candele e con gli " instrumenti necessari per condurre l'attività nel migliore dei modi ", sulla base di una gara di appalto, cui partecipavano gli esercenti di Caffè, drogherie e osti di Sannazzaro e dei paesi limitrofi. Il primo anno in cui la Sala Caffè fu affittata, vinse la gara il signor Giuseppe Barattini, che offrì la somma di 6 lire e 50 centesimi per ogni "Festa da ballo o ballo pubblico"; per le serate di tipo diverso non avrebbe dovuto corrispondere alcun canone di locazione. Destò molto scalpore l'offerta del signor Bernardo Trelancia che, pur di poter gestire il Caffè .del Salone, offrì 14 lire nel 1890 e 10 lire e 35 centesimi nel 1892, cifre considerate altissime, basti pensare che il signor Francesco Arduini, oste in Sannazzaro, che gestì il Caffè per alcuni anni dal 1900, vinse la gara con una offerta attorno alle 7 lire.
La sede
sociale fu utilizzata, nei primi anni, soprattutto per
feste da ballo, conferenze, dibattiti, e come circolo
ricreativo. Agli inizi del XX secolo iniziava una nuova
attività che ebbe poi molto successo: arrivava il
cinematografo. Furono proiettati film molto famosi, come
// Battelliere della Riviera, o come Cretinetti paga i
debiti. Erano inoltre spesso organizzate serate di gala, e
rappresentazioni di opere e operette: calcarono il
palcoscenico del Salone cantanti illustri, come
Salvarezza, Mastrangeli, Paglughi, Petrella. Anche se le
rappresentazioni teatrali si svolgevano soprattutto presso
il teatro Bianconi, dopo il 1909, quando il Bianconi
chiuse, l'attività teatrale del paese si spostò al Salone,
con la rappresentazione soprattutto di commedie in
dialetto piemontese, come Addio giovinezza. Altra
occasione in cui tutta la popolazione si radunava nel
Salone era la festa del paese, in cui i balli si
protraevano per tre giorni consecutivi, dalle 14 a
mezzanotte; l'ingresso costava dieci centesimi e ogni
ballo cinque. Le attività culturali tenute al Salone
consistevano soprattutto in conferenze, anche molto
importanti, come quella di una domenica del maggio 1893,
Forma e Sostanza, durante la quale fu presentato da un
giovane di Pavia, Fabrizio Matti, il programma del neonato
Partito dei lavoratori italiani: egli riuscì a
intrattenere l'uditorio per più di due ore e concluso il
suo intervento al Salone, il giovane socialista, salito su
un carretto, prese ad arringare la folla che si trovava
presso la stazione. " Sulle proposte dell'improvvisato
tribuno si determina la frattura tra gli astanti: gli
animi si infiammano, si scambiano insulti e poco manca che
si vada a vie di fatto": si consumava così la divisione
tra le forze popolari: da una parte la sinistra liberale,
radicali, repubblicani, democratici in genere, posizioni
su cui si era riconosciuta fino a quel momento la Società
Operaia, dall’altra i socialisti, che riuscirono a entrare
nel consiglio amministrativo della SOMS nelle elezioni del
1893, quando fu eletto presidente Carlo Pastorini. Nel
1898 si tenne un'altra importante conferenza, di una certa
Linda Malnati di Milano, che scatenò forti reazioni,
soprattutto negli animi femminili. La signora Malnati era
venuta a parlare della eguaglianza fra i sessi e a
rivendicare i diritti politici per le donne. Nel Salone,
gremito di folla, l’oratrice aveva riscosso un enorme
successo, nonostante il suo discorso fosse stato
interrotto da un ubriaco sorto in piedi gridando: " Via il
rè e i so lapagion ch'al mantenan ". Nel giugno del 1912,
poi, per la proclamazione del candidato liberale alle
elezioni, Alessandro Abbove, fu organizzata " una
grandiosa manifestazione come non si ricorda nella storia
del nostro paese " diceva la cronaca. Furono più di mille
gli intervenuti, tremila e più le adesioni. Fra i presenti
il fior fiore della intellighenzia lomellina. L'affluenza
al Salone negli anni prima della guerra fu sempre
elevatissima, tanto da offrire lavoro a diverse persone
nelle occasioni di apertura: uno sportellista, un addetto
alla porta d'ingresso, uno alla vendita dei biglietti, uno
alla direzione balli, un bidello, un tiracorda e un
segretario; negli spettacoli cinematografici serviva, in
più, un operatore. Durante la grande guerra tutte le
attività cessarono tranne quelle finalizzate alla raccolta
di fondi a sostegno delle famiglie con soldati al fronte.
Alla fine della guerra venne sostituito tutto il
pavimento, furono acquistati mobili, sedie, panche,
ripresero le serate cinematografiche e i balli pubblici.
Per questi fu richiesto alla questura di Pavia un nuovo
permesso, rilasciato a condizione che le feste si
tenessero sempre " dopo celebrate le funzioni religiose ",
e che fosse rispettata una serie di prescrizioni, tra cui
il termine dei balli alle ore 24, il divieto di ingresso
ai minori di anni 15 (" presunti tali tutti coloro che
abbiano una statura non superiore a metri 1.50 ") e alle "
giovinette di età inferiore a 18 se non accompagnate da
persona maggiorenne della propria famiglia ". Nel 1921 il
fascismo fece il suo ingresso a Sannazzaro " e subito fece
capire di voler prender possesso del paese ". Intorno alla
metà degli anni Venti la presidenza della soms fu
"carpita" dal signor Roberto Tagliavia, esponente del
neonato partito fascista " con la forza ", e per questo
due terzi dei soci si ritirarono dalla società perché non
condividevano i fini e le modalità di funzionamento della
stessa suggerite dal partito fascista. Durante la sua
presidenza tuttavia si attuarono diverse migliorie, come
la costruzione di una nuova cabina cinematografica e
l'acquisto di un nuovo trasformatore per macchina a
proiezione; si ampliò il proscenio, e, in vista di nuovi
spettacoli teatrali, vennero commissionati scenari
dipinti, un velario, mobili per i camerini.
L'inaugurazione del teatro rinnovato ebbe luogo il 22
maggio 1925 con l'opera // barbiere di Siviglia. In quel
periodo fu consentita la sola proiezione di film italiani,
soprattutto con interprete Amedeo Nazzari, o tedeschi: fu
interdetta quella di film americani; consentita nuovamente
solo nel 1947, terminata la guerra. Nel 1929 la Società di
miglioramento fra i contadini si fuse con la soms che,
alla vigilia della seconda guerra mondiale, cambiò
denominazione, modificò in parte lo statuto e diventò
"Mutua volontaria di assistenza e previdenza di
Sannazzaro", secondo le indicazioni della federazione
nazionale fascista. Tale denominazione venne tolta al
termine del conflitto. Le attività della soms in quel
periodo riguardarono soprattutto l'indizione di comizi ed
esibizioni dei giovani Ballila. Dal 1943 al 1946 le
attività al Salone furono sospese. Nel 1947 il teatro
riaprì, con il nuovo presidente signor Rivabella, e i soci
che se ne erano andati all'arrivo del fascismo vennero
riassorbiti: a sancire la ripresa delle attività, fu
deciso il rifacimento del tetto, dell'atrio e
dell'ngresso.Unoltre si decise per l'ampliamento del
tetto. Il progetto prevedeva lo spostamento anteriore
della facciata così da creare uno spazio destinato ad
atrio e a buffet e la costruzione di una balconata
superiore per ospitare invece dei soli 250 posti a sedere
precedenti, almeno 300 nuovi posti, e si stabilì la
rimozione delle colonne. Il costo previsto per i lavori fu
di 5 milioni, cifra che per la Società era allora
proibitiva. Venne in soccorso il signor Annibale Gianola,
che concedette un prestito per coprire la spesa dei
lavori, alla sola condizione che il consiglio attuale
restasse in carica per almeno sei anni, come garanzia di
continuità e solidità. Negli anni Cinquanta le feste da
ballo si tennero non solo all'interno del Salone, ma anche
nella "balera esterna", il grande spazio retrostante il
teatro, adibito a balera nei periodi estivi. In quello
stesso periodo la SOMS decise di affittare la sala; nel
primo periodo al signor Lattanzio Guarnieri, per la somma
di 1.960.000 lire annuali e poi, dalla metà degli anni
Cinquanta, e sino al 1974, al signor De Ambrogio, la cui
attività era molto stimata dalla SOMS, che nel 1959
stabiliva: " Si è venuti alla determinazione di rinnovare
il contratto con il sig. De Ambrogio dopo aver saputo, da
fonte sicura, che "gli introiti — specialmente del cinema
— vanno diminuendo, in conseguenza del crescente numero di
apparecchi televisivi installati nei pubblici esercizi ed
in molte abitazioni private e dopo la apertura della sala
cinematografica parrocchiale". Si stabilisce quindi di
rinnovare il contratto al sig. De Ambrogio perché,
nonostante le difficoltà di cui sopra, ha saputo tenere
alto il profitto del nostro locale, si è comportato con
noi in modo degno di lode, e soprattutto ci ha offerto la
cifra di L. 1.500.000 annuali, che è assolutamente di
tutto riguardo ". Dal 1974 la soms assume direttamente la
gestione, si impegna in lavori di ricostruzione della
sede, e appronta la stesura di un nuovo statuto in cui
finalmente scompare la preclusione alle donne. L'attività
della Società sino alla metà degli anni Ottanta consiste
soprattutto nella proiezione cinematografica e in alcuni
spettacoli teatrali. Nel 1989 la Società stipula una
convenzione con il Comune di Sannazzaro de' Burgondi,
cedendo allo stesso la proprietà del Salone e riservandosi
la gestione dello stesso per i successivi 99 anni.
Da qui in poi è storia conosciuta!
Simona Leoni
(L'autrice ringrazia gli amministratori della SOMS, che le hanno messo a disposizione l'archivio storico, il signor Piccinini e soprattutto il signor Guido Ferrari, "memoria storica" della Società).
(L'Eco di Sannazzaro n. 1, aprile 2000).
Vedi anche una precedente, altrettanto valida
ricostruzione della storia della
S.O.M.S.
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