Il lavoro, ieri e oggi.
La segheria (Pioppicoltura)
I pioppi seguono ancora oggi le linee
diritte dei fossi disponendosi come scolaretti in lunghe
file ordinate, oppure si radunano di fianco alle statali
in campi scanditi geometricamente, alternandosi con le
coltivazioni di riso e di mais. A volte, camminando in
campagna e accarezzandone i tronchi, fra un sussurro di
vento e lo scricchiolare di una foglia secca, finiamo col
ricordare i boschi delle favole ed è facile dimenticare
che a pochi metri incominciano le strade, i paesi, le
ciminiere. Ma non lasciamoci ingannare dal lento crescere
di questi alberi! Essi, infatti, sebbene oggi segherie e
taglialegna siano quasi scomparsi nella nostra zona, hanno
dato lavoro nel corso di questo secolo a molte persone e,
all'ombra dei loro rami, non doveva esserci molto spazio
per fate e folletti. I boschi erano piccole fabbriche,
pianificate, curate, pulite, sfruttate fino all'ultimo
centimetro e il pioppo era il re della nostra zona perché
vi trovava le condizioni ideali per crescere. Del pioppo
non veniva gettato via nulla: tutto era utile per qualcosa
e tutto aveva uno scopo. L'uomo riusciva a trarre dalla
natura una grande ricchezza senza alterarne l'equilibrio.
Ogni bosco, infatti, veniva sostituito, una volta
tagliato, da nuove piante. Ripercorriamo tutte le fasi
della lavorazione del pioppo ricordando che il signor Aldo
Franchini, insieme a suo padre Giuseppe, ha gestito a
Sannazzaro una segheria fino a pochi anni fa. La segheria
venne fondata nel 1930 ed era prima vicino alla stazione e
poi in viale Italia. Dava lavoro a sei o sette operai
fissi e a molte squadre di abbattitori a seconda del
bisogno. II signor Aldo si occupava personalmente di ogni
fase della lavorazione del pioppo, dalla piantumazione
delle giovani piante fino alla partenza degli autocarri
carichi di tavolato. A volte i pioppi venivano piantati
direttamente, ma più spesso si compravano già adulti. Si
andava a cercarli in tutta la nostra zona per un raggio di
circa cinquanta chilometri, a Casale Monferrato, a
Cornale, a Parona, ovunque ci fosse l'occasione di trovare
delle buone piante. Si partecipava anche alle aste di enti
ospedalieri o comunali, che possedevano molti campi e
offrivano di solito grandi quantità di legname. Il ciclo
di produzione del pioppo dura circa dieci anni. La
piantumazione delle giovani piante, le pioppelle,
cominciava in autunno e proseguiva finché il gelo non
impediva di scavare le buche. I campi venivano arati
profondamente e livellati. Poi, con bastoni e badili,
venivano scavate delle buche di 50 o 60 centimetri,
distanti le une dalle altre cinque o sei metri, in modo da
lasciare ai giovani pioppi spazio e aria sufficiente per
crescere. Oggi le piante vengono disinfestate, ma una
volta, terminata la piantumazione, i boschi non avevano
bisogno di molto altro. I contadini si limitavano a
concimare e a tenere pulito il sottobosco dalle erbacce,
lasciando al sole e alla pioggia il paziente lavoro di far
crescere le piante. Il pioppo era perciò un ottimo affare:
rendeva bene e non aveva bisogno di molte cure. In più si
adattava bene a terreni che altrimenti non potevano essere
sfruttati, come le rive dei fossi o le aree golenali
ricche di humus, grazie alle piene dei fiumi, oppure a
zone lontane dalle cascine, che non potevano essere
quotidianamente curate dai proprietari. Di solito un bosco
era maturo per la vendita dopo una decina di anni mentre
oggi esistono delle particolari qualità di pioppo che già
ad otto anni sono pronte per l'utilizzo. Durante la
vendita di un bosco una delle questioni più delicate era
la perizia. E qui potevano cominciare i guai! La stima
della rendita delle piante può essere fatta solo in
maniera approssimativa e occorreva molto occhio.
Compratori e venditori erano sempre molto attenti perché,
se la stima era mal calcolata, una delle due parti ci
perdeva rispetto all'altra. Alcuni erano più bravi di
altri nella valutazione e diventavano veri e propri
mediatori. Venivano contesi da tutti i compratori che,
dopo lunghe discussioni con i venditori, lasciavano agli
esperti l'ultima parola che era quasi legge. Sebbene
fossero disponibili alcuni prontuari per stimare il valore
di un bosco, solo l'esperienza assicurava una perizia
corretta. Tutti potevano iniziare una perizia: con un
calibro o col centimetro si prendevano, a un metro e mezzo
di altezza, diametro o circonferenza di alcune piante
campione. In base a queste misure e all'altezza standard
delle piante di una certa età, il prontuario calcolava la
quantità di legname che un bosco poteva offrire. Solo i
veri specialisti però riuscivano a integrare i dati
standard con le caratteristiche di ogni singolo bosco,
come l'esposizione al sole, l'altezza reale delle piante o
il peso specifico del legno, che fa la differenza fra un
buon tavolato e la seconda scelta. Ogni bosco veniva
comprato "in piedi" e poi ci si occupava
dell'abbattimento, che di solito avveniva in autunno
quando il legno era fermo e l'albero non germogliava. Era
un lavoro duro, ma che rendeva bene. Gli abbattitori
venivano pagati in base alla quantità di legno consegnata
e non avevano perciò orari fissi.Di solito cominciavano
molto presto, appena c'era luce e potevano andare avanti
anche fino alle tre senza fermarsi. Le piante venivano
abbattute a file e poi sfrondate. Già in questa fase il
signor Franchini era presente per dividere i pioppi a
seconda della successiva lavorazione: girava fra i tronchi
abbattuti e li contrassegnava con delle tacche. I tronchi
migliori erano destinati a essere tagliati in tavole e
venivano inviati in Brianza e in Toscana, mentre il resto
andava per i compensati e per la pasta di legno usata
dalle cartiere. Inoltre dava istruzioni per le misure dei
tronchi: i migliori venivano lasciati molto lunghi, mentre
dei peggiori si utilizzava solo il primo tratto, scartando
la cima. Quando le squadre avevano terminato i tronchi
arrivavano alla segheria per la successiva lavorazione.
Alcuni operai li scortecciavano e li tagliavano in tavole
di lunghezza e spessore diversi a seconda delle esigenze
dei clienti. Tutti gli scarti, i rami, i ceppi, la
segatura, venivano riutilizzati per il compensato o nella
lavorazione della carta. In tempo di guerra, per la
scarsità di legna, si era persino inventata una stufa
speciale che funzionava a segatura!
Isabella Montini
(Riduz. e adatt. da "C'era una volta il bosco", L'Eco di Sannazzaro n. 1, marzo 1998).
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