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Scaldasole: il Castello.
Il Medioevo ha
lasciato in Lomellina pochi segni paragonabili, per
suggestione e densità di richiami storici, al Castello di
Scaldasole. Ma, come spesso capita, e i cultori di quel
difficile e lunghissimo periodo lo sanno bene, ha voluto
giocare uno dei suoi soliti scherzi rendendo irreperibili
le fonti sull'origine e sull'identità del committente del
manufatto. Per molte località, oggi affatto scomparse
dalla carta geografica della Lombardia, si dispone di
documentazione scritta abbondante ed antica. Per il
Castello di Scaldasole essa invece non ci assiste se non a
partire dal sec.XIV, essendo tra l'altro falsa una
donazione del 982 in cui si cita, tra vari beni dati per
1'edificazione del pavese convento di S. Maiolo, anche il
luogo di "Scaldassole". Ma il tempo non ha potuto
cancellare due elementi di conoscenza che si rivelano
perciò particolarmente preziosi. Il primo è il nome del
castello. Scaldasole è un toponimo abbastanza frequente in
Lombardia, che deriva sicuramente dallo "Sculdahis"
longobardo, un magistrato periferico la cui attività è
testimoniata fino almeno al sec.XII, e che pertanto
contribuisce a darci una datazione; sia pur
approssimativa, del nucleo originario del castello,
rappresentato dal castrum e dalla torre. Il secondo dato è
costituito dalla tipologia dei due manufatti citati. Se si
tien conto che la presenza di torri nei castelli data solo
dalla metà del secolo X e che la prassi costruttiva in
genere promuoveva il sorgere di esse coevo al castrum,
possiamo affermare, sia pure con cautela, che il castello
antico nacque in un periodo compreso tra la seconda metà
del secolo X e il secolo XII, come residenza
dell'ufficiale di governo citato. Va ricordato che il
luogo non è lontano dalla strada romana, attestata dalla
Tabula Peutingeriana, che congiungeva Pavia, Dorno,
Lomello, Cozzo, Torino. Una radicale modificazione
dell'assetto del castello viene apportata nel secolo XV
dai nuovi signori feudali, i Folperti, che l'avevano
ricevuto nel 1334 da un'altra antica famiglia pavese,
quella dei Campeggi. I tempi sono cambiati, il Regno
Italico è scomparso, le grandi istituzioni ecclesiastiche
sono in decadenza e i Comuni debbono fare i conti con i
vicari imperiali, i cui dignitari si procurano i feudi più
redditizi e le cariche necessarie ad assicurare un tenore
di vita assai più elevato delle antiche aristocrazie
guerriere. Nelle mani del magnifico milite Ardenghino
Folperti, maestro delle entrate del duca di Milano, il
castello si amplia secondo un progetto che, lasciando
inalterato il carattere difensivo del manufatto, realizza
una netta distinzione tra la residenza del Signore e gli
spazi destinati a proteggere i beni e le vite dei sudditi
del piccolo dominio. Così nel primo decennio del
Quattrocento, il quadrato castrum originario diventa il
cortile della nuova costruzione abitata dal Signore,
munita di altre tre torri e circondata dal fossato. Il
castello signorile, al cui andito (detto la "intra") si
accede ancora oggi attraverso il ponte, e il ricetto
fortificato si configurano da quel tempo come due corpi
separati: "bina castra" li chiamerà ancora un documento
del 1577. Ma tempi nuovi si affacciano e nuovi gusti. Lo
spirito rinascimentale, portato dai nuovi proprietari, il
conte Francesco Pico della Mirandola e poi dal 1461 il
genero di questi marchese Malaspina (che ne aveva sposato
la figlia Taddea), non ama le feritoie anguste e le
merlature minacciose. Nella seconda metà del Quattrocento
esse lasciano posto ad eleganti finestre e ad un portico
con loggiato di foggia bramantesca. Il castello si
trasforma in una villa sontuosa, luminosa e pacifica. Il
fossato, nato per difendere ed isolare, diventerà
peschiera e luogo di ricreazione. Il ricetto invece non
viene modificato: la gente lo chiamerà allora il "castelo
vegio", mentre "castelo nuovo" sarà quello signorile.
Davanti agli occhi stupiti degli abitanti di Scaldasole e
del castello sfilano, elegantissimi e impegnati nei loro
teatrali riti, i potenti. Nel 1489, Isabella d'Aragona,
figlia di Alfonso II re di Napoli, che con il proprio
fastoso seguito di nobili napoletani e lombardi è ospite
dei Malaspina durante il viaggio verso Milano, ove l'
attende il promesso sposo, il duca Gian Galeazzo. Nel
1496, addirittura l'Imperatore, Massimiliano I, che non è
in buoni rapporti col Moro, e diretto al nord vuole
evitare Milano. Col nuovo secolo, le sale del "castelo
nuovo" risuonano delle risa di una donna d'eccezione,
Ippolita Fieramonte, celebrata per la bellezza, per il
mecenatismo, e anche per il coraggio dimostrato
nell'assedio di Pavia del 1525, da Paolo Giovio, da
Baldassarre Castiglioni e dal Bandello. Era divenuta
marchesa di Scaldasole nel 1499, per volere del Moro, che
ne aveva caro il padre Ettore, suo condottiero. Il Duca
aveva donato personalmente la dote di Ippolita al marito
Lodovico Malaspina, suo fedele funzionario. I Malaspina
cedono, nel 1582, il castello al cardinale Tolomeo Gallio
di Como, che fa costruire e adeguatamente affrescare la
cappella e allestire un giardino: ne restano due secolari
magnolie. Gli eredi e nipoti Gallio-Trivulzio alienano il
complesso nel 1756 ai nobili Strada, tuttora proprietari.
Ad essi si deve la decorazione di tre sale, nello stile
del tempo. Degno di essere ricordato è il museo
archeologico, che raccoglie oggetti provenienti da diverse
parti della Lomellina: tra questi, numerose statuette in
terracotta e una bellissima serie di rari vetri romani.
Unica nel suo genere è una coppa verde biansata firmata
"Aristeas", rinvenuta ad Albonese.
Sito ufficiale del Castello di Scaldasole