Incontri d’arte:
Telefono
a Domenico Reali per fissare un appuntamento, chiarendo
che desidero scrivere di lui e delle sue opere sull’"Eco
di Sannazzaro". "Ah, l'Eco! Posso dire di averlo letto
anche sessant’anni fa! " Nato a Sannazzaro, Domenico Reali
(non lo chiamo maestro, altrimenti mi chiede: " Dov'è il
bidello? ") è una persona riservata e sensibile che parla
con vera passione della sua scultura. " È l'arte più
scomoda, " afferma. Gliene chiedo il motivo e iniziamo un
viaggio attraverso le sue opere, un coinvolgimento emotivo
arricchito di dettagli tecnici. Ufficialmente ha iniziato
a scolpire a 12 anni, presso lo studio del maestro Testa
di Pavia, ma i suoi ricordi vanno più indietro nel tempo:
" Eravamo in colonia a Igea Marina, avevo nove anni, di
nascosto dalle "signorine", scavando una buca nel cortile,
avevo trovato l'argilla. Anche i miei compagni di allora
mi ricordano che con quell'argilla modellavo piccole
figure umane. La scultura per me è sempre stata
un'esigenza, un tormento interiore a cui ho ceduto
completamente, 30 anni fa, abbandonando l'attività che
stavo svolgendo, per dare forma alle mie emozioni ". E in
effetti, la scultura di Reali è molto emotiva, non
ritrattistica nè di maniera. Le sue figure esprimono un
sentimento profondo che si esplica nella gestualità del
corpo, nella tensione del volto. Parliamo di un'opera a
tutti nota, la Mondina:
" Modellando la creta davo forma ai miei ricordi di
ragazzo: per vedere una donna bisognava andare alla
Benedizione, ma con l'arrivo delle mondine... Un sogno
atteso un anno, ragazze con i pantaloni arrotolati che
lasciavano intravvedere una piccola porzione di gamba dai
calzettoni. Mondine rappresentate da Silvana Mangano. La
staticità di questa figura suggerisce un momento di pausa
nella calura estiva. Forse i giovani hanno un'idea
offuscata, patinata di queste ragazze, forse neppure si
riesce a immaginarle ragazze perché oggi le mondine non
sono più ragazze! ". Ma un trattorista che è stato giovane
insieme con Reali si ferma spesso a osservare la scultura
e dice: " Quando la guardo, la sua espressione, il
portamento mi ricordano il tempo in cui non aspettavamo
altro che vederle! ". Abbiamo proseguito il viaggio nel
suo studio, tra busti cellofanati e teste abbozzate,
mentre Reali mi parla dei suoi dialoghi con Manzù, di cui
è stato allievo, con la naturalezza di cui sa valorizzare
l'interiorità più che l'aspetto esteriore delle persone:"
Faccio solo il viso, per cominciare, perché se poi non mi
convince la rompo! ". Nel suo studio ci sono ferri che
servono per imbastire l'armatura su cui modellare la
creta: " Bisogna farle stare in piedi, ma non devono
essere troppo pesanti e soprattutto non devono essere
piene, altrimenti non sopportano la cottura. È quindi
necessario costruire un'armatura, saldando pezzi tra di
loro, modellarvi la creta, poi tagliare la statua e
svuotarla, infine bucherellarla per garantirne la tenuta
alle alte temperature dei forni. Poi possono essere fatti
calchi per fusioni di bronzo o per altri materiali ". C'è
un gran lavoro dietro una statua di due metri d'altezza. "
La scultura non è solo un'arte, è un mestiere: bisogna
conoscere i materiali, la loro resistenza fisica e la
composizione chimica. Bisogna saper essere un po' fabbri e
un po' falegnami per "costruire" una statua, e molto
artisti per concepirla e darle vita: ecco perché le ho
detto che è un lavoro scomodo. " Mi fermo a guardare una
figura i cui tratti somatici rivelano un'etnia slava. " È
la Ragazza dell'Est sulla strada, " mi spiega Reali.
Ritrovo in quel corpo esile ma altero e nell’espressione
del volto tutto lo smarrimento e la conseguente reazione
sfrontata delle donne-bambine dell'Est che arrivano sulle
nostre strade, costrette a fuggire dalla guerra e dalla
miseria. L'imponenza della dimensione, lungi dall'esaltare
forza, non fa altro che rafforzare l'emozione che traspare
dal volto: paura, rabbia, un'ammiccare forzato, dettato
dall'esigenza, un farsi coraggio da sola. È solo dopo aver
visto quest'opera che riesco a capire il significato della
Mondina, della ricerca, del momento, del ricordo, della
sensazione suscitata nell'autore e di riflesso in chi come
me sta osservando le due figure. Domenico Reali ha un
sogno. Non so quale sia, perché la sua riservatezza non
gli fa urlare i riconoscimenti (e sono davvero tanti) nè
le ambizioni. In ogni caso gli auguro di cuore di
realizzarlo!
Cristina Labò
(L'Eco di Sannazzaro n. 2, giugno 2000).