Mondine lomelline nell'arte.
Le mondine di Gabriele Mucchi.
Nato il 25
giugno 1899 a Torino, Gabriele Mucchi studia ingegneria
civile a Bologna e a 18 anni si trova sottotenente sul
Piave, "portando nella cassetta le matite per disegnare".
A Milano, dove arriva nel 1926, frequenta i pittori di
"Novecento": Funi, Carrà, Sironi. A Parigi, nel '31, è con
De Chirico, Savinio e De Pisis, poi di nuovo a Milano,
dove la sua casa è un salotto antifascista frequentato da
Guttuso, Zavattini, Carlo Levi, Quasimodo. Nel '39 lascia
"Novecento" per "Corrente", il nuovo movimento di Guttuso,
Sassu, Birolli, che sostiene un'arte figurativa sensibili
a tematiche ed istanze politiche e sociali. Dopo la
Resistenza, sceglie la Germania Est come seconda patria e
per molti anni vive e lavora a Berlino. In occasione del
suo centesimo compleanno, il Comune di Milano organizza
un'antologica presso la Sala Viscontea del Castello
Sforzesco (25 giugno - 12 settembre 1999).
Muore a Milano il 10 maggio 2002, a 102 anni.
Così il pittore Gabriele Mucchi rievoca nel suo libro di
memorie "Le occasioni perdute" (Edizioni L'Archivolto,
Milano, 1994) il periodo trascorso a Sannazzaro e il suo
rapporto, artistico ed umano, con le mondariso locali:
… nel 1951 mi era venuto l'invito a passare qualche giorno a Sannazzaro de'Burgondi. C'erano agitazioni fra le mondine, per i contratti di lavoro, si chiedevano da me disegni in risaia. Non ero invitato a divertirmi, o a fare il pittore "en plein air". Anche qui mi si chiamava ad offrire il mio impegno di uomo e di pittore in aiuto a una lotta sociale forse decisiva in quel momento, modo diverso di andare in risaia da quello, probabilmente, di un pittore come Angelo Morbelli, che pure aveva, anche lui, dipinto le mondine. All'iniziativa di Emilio Sereni, organizzatore allora delle lotte bracciantili, erano da ascrivere queste forme di simbiosi arte-lavoro. Era il momento delle occupazioni delle terre incolte, degli "scioperi a rovescio", di azioni nelle quali intellettuali noti in Italia si incontravano con operai e contadini organizzati in un partito giovane e combattivo. Il mio arrivo e il mio lavoro in risaia lo racconto nella prefazione al volumetto che raccoglie una serie di disegni eseguiti in risaia.
Le mondine di Sannazzaro. (dal volumetto con lo stesso titolo, Edizioni di Cultura Sociale, 1951).
"Verso
le nove e mezza giunsi in risaia. Le mondine, un centinaio
divise in squadre, avevano appena finito il riposo della
mattina e scendevano nell'acqua per il trapianto. Il
contadino che mi aveva accompagnato mi cedette i suoi
stivaloni di gomma; scesi nell'acqua anch'io. Ma la risaia
non è soltanto acqua come appare alla superficie: è fango,
e il piede sprofonda e può scivolare prima di trovare uno
strato solido. Al secondo passo quegli stivali erano presi
nella melma, un piede si sfilò dalla calzatura, perdetti
1'equilibrio, alcuni fogli mi sfuggirono di mano, con quel
piede dovetti entrare nell'acqua per non cadere. Le
mondine mi guardavano: una impertinente risata percorse
come una cascatella tutta la schiera. Un po' divertito ma
anche un po' seccato tornai a riva, resi gli stivali, mi
rimboccai i pantaloni, mi tolsi le calze e, ritornato nel
fango, raggiunsi a piedi nudi le mie mondine che
incominciarono a gettarmi occhiate affettuose. Presi a
disegnare, e non passarono dieci minuti che si cantava
insieme:
- L'8 Settembre ha inizio la battaglia di noi lavoratori della terra.
"Di qui è incominciata la mia amicizia con le mondine e il mio lavoro nel fango, seguendo le schiere passo a passo. Qui ho conosciuto la fatica di quelle donne, piegate su se stesse per ore e ore, non potendo esse non dico riposare, ma nemmeno appoggiarsi un momento in qualche punto a qualche cosa, ore e ore nel fango, bruciate dal sole e dal suo riverbero sull'acqua, morse dalle zanzare e da certi vermi bruni lunghi e grossi un dito, che si aggrappano alla carne e, strappati, strappano la carne con una terribile tenaglia che hanno piantata sulla testa dura. Qui ho conosciuto l'assillo dell"agrario', come lo chiamano con ingenua estensione della parola, mentre si tratta in genere di un fittavolo, qualche volta umano, molte spesso duro e gretto, che tutto il giorno le sorveglia stando nell'acqua egli stesso, perché nemmeno un minuto di lavoro vada perduto. Qui ho conosciuto lo squallore della 'camerata', i giacigli su pagliericci, il rancio nella gavetta, e la chiusura delle porte alla sera, contraria ai regolamenti. Qui ho conosciuto anche le canzoni delle mondine, canzoni d'amore e di dolore alcune, altre di lotta e di sfida. Qui ho incontrato Rosetta Franchi, la mondina poetessa, una donnetta sprizzante intelligenza, che ha fatto studiare i suoi due figli, ora elettrotecnici nel paese. Lei diceva: 'L'uomo che ha inventato il trapianto del riso avrebbe dovuto essere condannato al martirio'. Rosetta ha composto le più belle canzoni delle mondine, canzoni che tutta la risaia canta.
"...Con le gambe affondate nel fango
e le mani gonfiate dall'acqua
sono stanca, mi par di morire
non ho tregua né notte né dì."
(da "O mondina dal cuore dolente")
Il "mal della risaia". "Posto in mezzo a terre meravigliose, sulla riva sinistra del Po, Sannazzaro è un grosso paese di 4.500 abitanti. La proprietà è in mano a quattro persone che, vivendo a Milano a Sanremo ecc., si arricchiscono con il lavoro di quasi tutta la popolazione. `Buttiamo in aria una manciata di denaro' mi diceva un contadino 'tutto quello che arriva a terra se lo prendono loro, e qualche cosa che svolazza nell'aria riusciamo ad afferrarlo noi, ma dev'essere abbastanza leggero perché resti nell'aria abbastanza'. Dati del 1952: solo di riso (c'erano poi le altre culture che frammezzavano la cultura del riso) se ne faceva fino a cinque quintali alla pertica (654 mq) e si vendeva a prezzi che variavano da un minimo di L. 5.500 a un massimo di L. 9.500 al quintale, il che faceva un incasso da L. 27.500 a L. 47.500 alla pertica. Che cosa prendeva una mondina per far produrre tanto denaro col suo lavoro? Prendeva sulle 1.000 lire al giorno più un chilo di riso. Quanti giorni lavorava? Se tutto andava bene, quelle che venivano da fuori per la monda e per il trapianto del riso lavoravano 30 giorni; le locali, che facevano anche la raccolta, lavoravano 50 giorni all'anno. Per 30.000 o per 50.000 lire si spezzavano in due, sopportavano i reumatismi, si facevano piagare le gambe dal 'mal della risaia'. Chi si sarebbe adattato a tali condizioni di lavoro, se non per grande necessità? Sì, c'era qualche ragazza giovane, che pur avendo lavoro in casa o al suo paese, andava in risaia per portarsi a casa un gruzzoletto, per farsi magari un po' di corredo. Ma le altre? Le ragazzine di 14-15 anni che andavano alla monda con la madre? E le anziane? Quella che mi diceva di avere 62 anni e di avere incominciato a 14, senza saltare una stagione di monda, madre di sei figli, di essere venuta in risaia anche incinta? Quella di 50 anni che sostentava se stessa e la mamma vecchia, e che, finita la risaia, andava a lavorare dove trovava un posto come bracciante? Molte di queste donne abitavano a Sannazzaro, nella loro indigenza avevano pure una stanza dignitosa, vestivano dignitosamente, mostravano una dignitosa coscienza di classe".
I dati riportati nello scritto sono dunque dell'anno
1951. Ritornai in risaia nel 1954. Questa volta portai con
me la cassetta dei colori, alcune lastre di zinco e le
matite litografiche.
Una bella ragazza dal viso
tondo un po' infantile, illuminato di sotto in su dai
riflessi del sole nell'acqua e ombrato dalle falde di un
largo cappello di paglia, costrette esse poi intorno al
collo da un velo di mussola bianca - difesa contro le
zanzare - la disegnai stando nell'acqua incidendo una di
quelle lastre di zinco. Intanto la canzone delle mondine
"Se otto ore vi sembran
provate tutti a lavorà
e poi vedrete la differenza
di lavorare e comandà…"
quattro ingenui versi l'essenza stessa della lotta di classe, accompagnava la mia mano nel segno rapido, immediato. Il ritratto a olio lo dipinsi invece in una piccola stalla, fuori Sannazzaro, che un pescatore usava come deposito di attrezzi. Una lama di sole battendo sul pavimento mandava sul viso della ragazza quel riflesso da sotto in su che mi era piaciuto quando la disegnavo in risaia: Ada, la mondina è il ritratto, ora proprietà della Galerie Neue Meister a Dresda…
Gabriele Mucchi
(da "Le occasioni perdute - Memorie 1899-1993", Edizioni L'archivolto, Milano, 1994, per gentile concessione ).
Settembre Sannazzarese 2007
Collocazione
delle litografie di Gabriele Mucchi a Palazzo Pollone:
Litografie, presentazioni e contributi critici estratti dal catalogo.