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La Raffineria
Un paese in Lomellina: la storia, le tradizioni, il lavoro, la gente...

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MONDINE LOMELLINE

I canti di risaia: saggi critici.

Le occasioni del canto di risaia.

Mondine...in posa (Pro
                Loco Ferrera, p.g.c.).In base alle testimonianze raccolte parrebbe di trovarsi di fronte, per i canti di risaia, ad una situazione comunicativa non omogenea ma estremamente variabile e direttamente influenzata sia dalle tecniche usate sia dalla mentalità delle mondine stesse e dai rapporti esistenti tra i gruppi. Per la monda le squadre erano formate, in media, da 6-8 o da 12-14 mondine, in rapporto alla grandezza del "pianón" (1); i criteri per la loro composizione erano determinati da vari fattori: provenienza sociale, età, amicizia, e, non ultima, la capacità di cantare. Ogni squadra cantava per conto proprio, salvo in alcune occasioni, ad esempio quando, nello stesso campo, venivano poste due squadre che procedevano una incontro all' altra (questo accadeva durante la monda, se una sola squadra non riusciva ad eliminare da un "pianón" le erbacce in breve tempo, e nel trapianto, nella fase di estirpazione delle piantine dai vivai, un compito che spettava tradizionalmente alle locali). In questi casi si eseguivano soprattutto stornelli e strambotti o contrasti cantati (2). E persino ovvio constatare come nei repertori delle locali non siano presenti i canti dell'addio e della partenza (anche se talora ricordati non sono mai sentiti come propri) e infine le canzoni di protesta o a sfondo politico sociale siano piuttosto patrimonio delle avventizie e delle obbligate che delle donne dei piccoli affittuari; era invece abitudine soprattutto di queste ultime proporre in risaia la recita del rosario e delle litanie. Il rosario in alcuni luoghi veniva sempre recitato ad orari stabiliti, assumendo, in epoche storiche conflittuali (le due guerre mondiali) un significato rituale specifico: si pregava per propiziare il ritorno a casa degli uomini. Ma la recita del rosario sollecitata da donne particolarmente religiose era accettata da alcune passivamente e comunque non si conciliava per la sua monotonia con le esigenze del lavoro in risaia. Infatti si cantava non solo per alleviare la fatica, ma anche per mantenere il ritmo e distogliere l'attenzione dalla ripetitiva attività motoria e oculare. Lo sguardo costantemente rivolto in basso nello specchio d'acqua punteggiato di verde, la posizione china e il gesto sempre uguale, potevano portare anche a cadute e a perdite momentanee di concentrazione. Le attività comunicative, convogliando le energie psichiche ed intellettuali delle donne, le distoglievano dalla meccanica del gesto, creando una dissociazione con l'atto manuale, per cui la durezza della mansione era compensata dalla componente ludica e liberatoria della comunicazione. Gli informatori sono concordi nell'affermare che la monda favoriva maggiormente il canto del trapianto perché meno faticosa; durante il trapianto erano preferite narrazioni, indovinelli e aneddoti, in qualche caso si raccontavano libri o storie a puntate ma ciò non era molto gradito ai padroni, vi era inoltre qualche canto specifico del trapianto. Il fluire delle parole e delle storie che scaturivano dalla raccontatrice abituale (molto richiesta dalle singole squadre) era per molti aspetti simile al fluire dei canti che spesso venivano "mixati" insieme a seconda delle esigenze del momento. Se è vero che i canti erano talvolta sollecitati dagli stessi padroni, pare tuttavia importante sottolineare come rappresentassero solo una delle forme comunicative, certo la più suggestiva. La raccontatrice abituale aveva probabilmente in risaia uno spazio narrativo maggiore in quanto non venivano esercitate censure preventive nei confronti del suo repertorio. Nella stalla ci si doveva confrontare anche con le presenze maschili e le donne come lettrici avevano di solito un repertorio ristretto o potevano essere relegate ad alcuni momenti della vita comunitaria (3); le donne dei "perdapé" avevano un circuito narrativo ancor più limitato poiché avevano stalle piccole ed insufficienti ad accogliere molte persone estranee alla famiglia. Al contrario in risaia si produceva una socializzazione dei repertori per cui donne che vivevano per la restante parte dell'anno separate ed in ambienti diversi (il paese e la cascina, la piccola e la grande stalla, l'insieme delle case dei salariati o dei braccianti e la piccola corte chiusa e autosufficiente) venivano a contatto e finivano per acculturarsi a vicenda; né è da sottovalutare, in questo ambito, il ruolo di stimolo culturale svolto dalle mondine forestiere. Continuamente affioravano e si miscelavano repertori che altrimenti (specie negli ultimi periodi) sarebbero andati perduti nella frantumazione della vita quotidiana. E' importante inoltre sottolineare, nel lavoro in risaia, un aspetto trasgressivo del codice di comportamento femminile. Il gruppo, o meglio i vari gruppi, sapevano ricrearsi spazi propri di gestione del tempo ove confluivano sentimenti d'amicizia e atteggiamenti camerateschi tipici piuttosto di una mentalità maschile. Forse lo stare insieme stabilmente per un periodo relativamente lungo favoriva lo sviluppo di queste dinamiche ludiche (scherzi, giochi, contrasti cantati). Il bersaglio preferito erano le altre squadre o gli uomini in generale. Nel primo caso sovente si usava come strumento il canto: quando le squadre di mondine locali e forestiere erano affiancate, si scambiavano stornelli e strambotti polemici, in questo modo si manifestavano a livello più o meno conscio le rivalità e le tensioni tra i gruppi. I riferimenti sessuali spesso pesanti presenti in queste manifestazioni della cultura popolare erano accettati e fatti propri anche quando il codice morale personale non li ammetteva perché, stando all'interno del proprio gruppo, si trovava una legittimazione e giustificazione di certi comportamenti o espressioni non ammessi a livello individuale. Anche il fattore e il padrone potevano essere bersagli e nello stesso tempo vittime di scherzi o oggetto di derisione. Si potrebbero citare molti aneddoti in questo senso in cui il padrone, il fattore o persone di sesso maschile, venivano colpiti sia pure indirettamente e metaforicamente attraverso il riferimento sessuale. A livello popolare l'ostilità e le tensioni nei confronti del datore di lavoro potevano svilupparsi attraverso la comunicazione in forme tipiche della cultura tradizionale (la canzone, il proverbio, l'aneddoto), senza per questo incorrere in sanzioni da parte dell'autorità padronale. Né bisogna dimenticare che la campagna era considerata dalle donne uno "spazio aperto" ove le regole morali potevano essere facilmente ribaltate o infrante e dove l'onore della donna sola era costantemente in pericolo; al contrario il gruppo proteggeva la donna in modo efficace e le permetteva anche di assumere un atteggiamento verbalmente aggressivo nei confronti dell'altro sesso.

M. Antonietta Arrigoni

(da "Mondine di Lomellina. Riti, cultura, condizione femminile in risaia" in "Mondo Popolare in Lombardia - Pavia e il suo territorio" a cura di Roberto Leydi, Bruno Pianta, Angelo Stella, 1990, Regione Lombardia, per gentile concessione dell'Autrice e della Direzione Generale Cultura della Regione Lombardia).

Note.

1) Per le locali, soprattutto durante la monda, il canto era attuato dal piccolo gruppo, mentre per le forestiere potevano formarsi raggruppamenti più estesi, per esempio alla fine della giornata di lavoro, in cascina; vedere a questo proposito C . Bermani, Notizia sulle ricerche condotte sul campo dal 1953 in poi sul canto di risaia, libretto accluso nel disco "Mondarisi" DS 520/22.


2) E' importante tener presente che le locali cantavano anche durante la monda del grano, anche se in modo meno frequente, poiché si trattava di un lavoro più faticoso; a parte il caso delle soliste, che a richiesta eseguivano canzoni, le locali cantavano da sole quando andavano a rivoltare le "mondature", per attenuare il disagio del lavoro ripugnante e la solitudine.


3) Da ricerche effettuate in alcuni paesi della Lomellina è emerso come le lettrici popolari avessero un repertorio di pochi testi e nella stalla leggessero in determinate occasioni (ad esempio durante l'Avvento le donne intervistate leggevano il "Gelindo"), si tratta tuttavia di un'ipotesi di ricerca che andrebbe maggiormente approfondita.

 

 


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