MONDINE LOMELLINE
I canti di risaia: saggi critici.
Caratteri musicali dei canti di risaia
Introduzione
Repertorio
Strutture
Condotta delle parti
Stile
I canti delle mondariso costituiscono una delle forme più caratteristiche del patrimonio vocale popolare dell'Italia settentrionale, decisamente caratterizzata sia dal punto di vista testuale/letterario, con la presenza di una parte del repertorio composta dalle stesse interpreti e strettamente legata al lavoro e alle condizioni di vita in risaia, sia dal punto di vista musicale con l'impiego di uno stile esecutivo particolare e l'utilizzo di moduli musicali fortemente riconoscibili. In questo caso la definizione di "canti sul lavoro" riveste quindi un carattere non solo formale ma altresì decisivo nel determinare i relativi contenuti stilistici, probabilmente sviluppatisi in stretta relazione con la "funzione" ad essi connessa tanto che, esauritasi quest'ultima, anche i primi hanno subito visibili trasformazioni. Gli studiosi di musica popolare hanno infatti avuto modo negli ultimi quarant'anni, non solo di documentare questo importante repertorio ma anche di assistere direttamente al fenomeno della sua lenta defunzionalizzazione a seguito dell'esaurirsi dell'utilizzo di manodopera stagionale per l'espletamento dei lavori legati alla coltivazione del riso, oggi meccanizzati, fino alla sua graduale sparizione, in procinto di divenire definitiva anche per ciò che riguarda la ricerca sul campo, una volta scomparsi gli ultimi portatori diretti di un patrimonio impossibile a conservarsi, almeno con le sue specifiche caratteristiche di prassi esecutiva, al di fuori della partecipazione diretta all'esperienza lavorativa. In questo contributo ci si limiterà quindi a tracciare delle linee generali riguardo ai più evidenti caratteri musicali riscontrabili nei canti delle mondine, tenendo presente il forte condizionamento indotto dall'impossibilità di sottostimare le decisive differenze stilistiche esistenti fra squadre di giovani mondariso "in attività" ed anziane mondariso che ripropongono a distanza di qualche decina d'anni il loro repertorio sia individualmente, sotto la spinta dell'indagine etnomusicologica, sia in quei gruppi più o meno organizzati che in varie località si sono costituiti, fino dagli anni ' 60, per saltuarie esibizioni in feste politiche, sindacali, di paese, ecc.
La connotazione più immediatamente percepibile del
repertorio delle mondariso è che si tratta, con rare
eccezioni, di un genere polivocale, eseguito generalmente
da tre voci: primo, secondo e basso, che possono talvolta
ridursi a due in assenza della voce del basso. Quasi tutto
il repertorio si è selezionato nel tempo modellandosi su
uno schema che rappresenta oggi il risultato di quella
cultura bracciantile che dalla metà del secolo scorso ha
contribuito alla diffusione di questo modello musicale
nell'area subalpina e padana, nonchè alla grande
circolazione e scambio di canti che ha incentivato
l'arricchimento dei vari repertori locali. In risaia si
cantava di tutto: canti politici e sindacali, satirici,
militari e da cantastorie, lirico-monostrofici e
narrativi, strofette, canzoni in voga di origine urbana
ecc., in versioni comunque rispondenti al sopracitato
modello le cui caratteristiche principali sono
l'appartenenza quasi esclusiva al sistema tonale, con un
larghissimo uso del modo maggiore, l'utilizzo di alcuni
moduli melodici ottocenteschi, la tendenza all'isometria,
la regolarità strofica e l'aderenza dei procedimenti
armonici e cadenzali agli stilemi riscontrabili in diverse
zone dell'area padana. Non vi è quindi traccia nel
repertorio collettivo delle mondariso di quei brani
monodici a struttura modale che sono parte di un
patrimonio totalmente differente "per funzione": atto cioè
ad uno scopo narrativo/comunicativo piuttosto che
lavorativo/socializzante. E' il caso ad esempio delle
ballate, che troviamo (peraltro in numero non
particolarmente elevato) nel repertorio delle mondariso
generalmente in versioni spiccatamente tonali, nelle quali
la melodia mostra sia evidenti caratteristiche di "armonia
latente" (cadenze sulla mediante) anche nelle versioni
eseguite in forma monodica, sia una struttura metrica
formalizzata che denota una "quantizzazione" estranea al
genere più arcaico. Fa eccezione a questo modello il brano
"Bella ciao della mondina" che, analogamente alla più nota
"cugina" del repertorio di canti partigiani, trova le sue
lontane ascendenze in uno di quei canti narrativi a cui
sopra si è accennato, e ne conserva alcuni tratti. Diverse
sono le melodie "da cantastorie" di genere ottocentesco,
presenti sia come canto originale formalizzato che come
profilo melodico utilizzato per vari testi di nuova
composizione, come "O mondina dal cuore dolente" e "Il 24
di maggio a Ferrera", i quali, soprattutto quelli a
carattere politico o sindacale, per essere immediatamente
fruibili dai diversi gruppi di mondine dovevano
necessariamente basarsi su arie musicali di notorietà e
diffusione transregionale:
Allo stesso modo, vi sono poi dei ricorrenti moduli vocali sui quali venivano composte, od adattate, numerose strofette della vita in risaia, canti di partenza o di commiato ecc. E' stato osservato come alcuni di questi moduli sono stati evidentemente mutuati, con pochi adattamenti letterari, da quelli in uso presso i giovani di leva; bisogna ricordare che fino all'inizio di questo secolo il lavoro in risaia veniva effettuato prevalentemente da "opere" maschili ed è possibile che questa ed altre particolarità musicali siano il frutto di una assunzione , antecedente al massiccio impiego delle donne in risaia piuttosto che all'imitazione dovuta al pur reale parallelismo esistente fra l'esperienza femminile della monda e quella maschile della leva. Una delle poche eccezioni alla forma di canto polivocale è rappresentata dagli stornelli, eseguiti in forma solistica ma riferibili comunque ad una situazione di canto collettivo data la frequente forma responsoriale determinata dalla pratica di "tenzone canora" fra singole mondine o fra squadre di diversi paesi. Un'altra eccezione alla polivocalità è ancora rappresentata, per i motivi già esposti, dal brano "Bella ciao della mondina" che, nonostante 1'esecuzione corale, viene cantato all'unisono; ciò evidenzia come, pur all'interno di un sistema teoricamente basato sul bimodalismo, nella pratica polifonica popolare sia il modo maggiore, utilizzato in via assolutamente predominante dalle mondariso, quello che maggiormente consente di intonare con facilità gli intervalli consonanti.
A dispetto di una indiscutibile eterogeneità di provenienza, il repertorio presenta una buona omogeneità strutturale, frutto certamente di una preventiva selezione dei moduli melodici prescelti dalle mondariso, ma soprattutto di una fortissima unitarietà stilistica, alla quale si deve gran parte della riconoscibilità "sonora" dei canti di risaia. La struttura dei brani è estremamente semplice e può mostrare sia un largo periodo diviso in 4 frasi, con cadenza di dominante alla fine della seconda frase e cadenza di tonica alla fine dell'ultima frase, sia due periodi più brevi, comunque distinti da una cadenza mediana a seguito della quale si ha un breve innalzamento della melodia che, dopo l'accento di culmine, tende a procedere per gradi congiunti discendenti fino alla cadenza conclusiva, operando il cosiddetto "gap-fill". Gradi disgiunti, comunque di intervallo raramente superiore alla quinta, precedono la nota sulla quale, secondo la consuetudine padana, si appoggia l'entrata del coro e sono quindi frequenti nella frase iniziale del brano, eseguita generalmente in forma monodica o all'unisono, dove appaiono anche incisi arpeggiati. Riguardo alla misurazione, si riscontra un numero abbastanza equivalente di tempi binari e ternari, frequentemente composti fra loro; la ritmica dei brani è sostanzialmente regolare (larga presenza di pulsioni isocrone) con piede discendente, salvo l'inizio che può essere anacrusico, e ritmo finale tronco. La scala di riferimento è quella maggiore con una sostanziale aderenza alle regole del sistema tonale, particolarmente evidente nei brani corali a causa del parallelismo per terze; non vi è traccia di modulazioni e gli intervalli sono sempre di genere diatonico. Se si esclude il piede iniziale, le prime misure si attardano generalmente nell'area della tonica mentre l'esposizione della dominante avviene raramente dopo la quarta misura.
I canti delle mondine in risaia si sviluppavano essenzialmente a tre voci omoritmiche, due voci melodiche che si muovono in un sistema di rapporti semplici a consonanze imperfette, nel quale prevale decisamente il parallelismo per terze tipico della polivocalità padana, ed una voce di basso che svolge una funzione di pedale inferiore e che si limita normalmente all'alternanza tonica-dominante con qualche movimento sul 2 e 4 grado, più raramente all'esecuzione inferiore di una delle melodie. Proprio la parte del basso, che da un certo punto di vista divide il largo periodo in semifrasi "a bordone", contribuisce a stemperare il moderno tonalismo di alcune melodie, producendo i pochi casi di dissonanze naturali e lasciando emergere tracce di una polivocalità più arcaica. I canti vengono generalmente intonati dal "primo" al quale si aggiungono i "secondi" che fanno il loro ingresso, a volte in corpo di parola, dopo il primo inciso o la prima semifrase, comunque quando la melodia ha toccato i gradi fondamentali atti alla definizione della tonalità. La maggior parte delle voci si inserisce sulla linea melodica "mediana" che cadenza sulla tonica, lasciando una sola voce, potente e tecnicamente abile, ad eseguire la parte che gravita sulla mediante. Le due voci melodiche procedono per moto retto, formando un moto obliquo con la parte del basso; il moto contrario, più raro nel canto popolare maschile, si ha solo nella cadenza conclusiva che risulta generalmente discendente per le voci melodiche e ascendente per quella del basso, che a volte raggiunge la tonica all'unisono invece di scendere all'ottava inferiore. Questo comportamento parzialmente anomalo indica una certa atipicità della funzione (nonchè dello stesso nome) dei "bassi" nel registro melodico femminile, forse mutuati dalla precedente pratica di canto maschile in risaia. L'ultimo accordo cadenzale risulta quindi spesso 1-3, frequente è anche la formula 8-1-3 mentre raramente si incontra la più moderna 1-3-8, ispirata dalla musica teatrale ottocentesca; il quinto grado è sempre escluso. Essendo il periodo spesso diviso in due frasi principali, è frequente la cadenza mediana sulla dominante, formata solitamente da 8° e 5° grado dell'accordo; solo nelle melodie più moderne è eseguito il 3° grado dell'accordo di dominante che va a completare la triade secondo una prassi solitamente estranea alla polivocalità popolare più arcaica che si avvale preferibilmente di quinte vuote e della formula 8-5-1 quando nella voce superiore viene esposta la fondamentale. Una particolarità è costituita dalla posizione della melodia principale, la quale può trovarsi alternativamente in una delle due voci parallele. Negli esempi corali qui riportati prevale nettamente la collocazione della melodia nella voce mediana che gravita sulla tonica. A questo proposito bisogna però sottolineare come a volte lo stesso modulo musicale assuma una autonoma circolazione e possa essere quindi documentato in forma monodica sia nella linea melodica principale che in quella parallela, assegnando a quest'ultima un ruolo che va oltre quello di mera "voce armonica" per assumere nella prassi popolare padana quello, più caratteristico, di melodia "ausiliaria". In questo caso il terzo grado (che definisce il carattere corale e conferisce ciclicità alle strofe) sottintendendo sempre la tonica è in grado di sostituirsi funzionalmente ad essa, grazie alla sua funzione tonale di stabilità; questo parallelismo tipico del repertorio padano provoca una interscambiabilità potenziale della relazione gerarchica (che senz'altro esiste nell'esecuzione corale), come se la stretta connessione fra la prima e la seconda voce generasse una sorta di "melodia a doppio binario".
Si è già accennato alla particolare importanza che riveste l'omogeneità stilistica ed espressiva in qualità di elemento unificante di un repertorio sostanzialmente disomogeneo per provenienza. Riguardo allo stile esecutivo rilevabile nelle esecuzioni "non in funzione", si può osservare come gli odierni gruppi di ex mondariso abbiano forzatamente modificato, a causa dell'età avanzata, alcune interessanti caratteristiche del canto di risaia, meglio riscontrabili nella loro integrità nei documenti sonori pubblicati negli anni '70. L'incipit è raramente intonato "a solo" bensì è spesso supportato all'unisono da almeno un'altra cantante. Per lo stesso motivo, data 1'esiguità numerica di alcuni gruppi, spesso viene a mancare il forte impatto sonoro dato dalla moltiplicazione della voce dei "bassi", a volte persino assente e nei nostri documenti riscontrabile solo nei brani "O mondina dal cuore dolente", "Curmaia siur padron" e "Il 24 di maggio a Ferrera". La riesecuzione del repertorio in ambito odierno ha poi portato all'affermarsi di alcune modifiche strutturali come il restringimento delle tipiche dilatazioni degli accordi cadenzali sia in chiusura di frase che di periodo, dove le note coronate tendono ad acquisire una durata omologabile alla ritmica del brano, la quale in generale tende ad essere più lineare e costante. Vi è inoltre una riduzione della pausa fra le strofe ed una conseguente diminuzione od eliminazione della crescita frequenziale, tipica dello sviluppo di lunghi brani polivocali, vale a dire il progressivo innalzamento della tonalità ad ogni incipit. Nei brani qui proposti mancano poi quasi del tutto elementi virtuosistici come fioriture ed abbellimenti pure presenti nel canto popolare tipico di altri contesti socioambientali. Nell'ambito della vita di risaia, d'altra parte, il ricorso al virtuosismo non riveste carattere comunicativo verso un pubblico di uditori (che non c'è) bensì è funzionale alla ricerca di una supremazia nell' ambito di dinamiche totalmente interne al gruppo (inteso non solo e non tanto come "squadra" locale), dove anche il canto può servire alla canalizzazione di una piccola parte delle tensioni presenti nel lavoro. Proprio questa carica espressiva ricca di valori umani, esternata nella tensione canora resa da voci sforzate che trovano il loro appoggio nel punto estremo delle corde vocali, è ancora avvertibile a distanza di decenni nei documenti sonori raccolti da quella che può ormai essere considerata l'ultima generazione di "portatori diretti" di questo repertorio tradizionale e rappresenta, forse, uno dei motivi di maggiore interesse per un consapevole apprezzamento delle esecuzioni odierne.
Giuliano Grasso
(Da "Curì o gent - Canti delle mondariso lomelline, pavesi e dell'Oltrepò", libretto allegato alla cassetta ACB/MC08, a cura di Marco Savini e Aurelio Citelli - contributi di M.Antonietta Arrigoni e Giuliano Grasso, 1995; per gentile concessione dell' Associazione Culturale Barabàn).