I SANNAZZARESI E L'EMIGRAZIONE
L'emigrazione, un fenomeno sociale che interessò particolarmente Sannazzaro e tutta la Lomellina tra fine '800 e primi decenni del '900:
In Brasile! Speranze e delusioni
A partire dagli anni Ottanta, a
causa della crisi agricola, l’emigrazione aveva cominciato
ad acquistare in Lomellina dimensioni di un certo rilievo,
assumendo negli anni sempre più vaste proporzioni (1). Le partenze non erano più sporadiche e
dirette solo verso la vicina Francia, ora ci si dirigeva
anche verso i lontani paesi al di là dell’Atlantico, verso
l’Argentina in modo particolare; e ad andarsene erano
soprattutto i braccianti, cosa che infastidiva non poco
gli agricoltori, abituati ad attingere senza problemi tra
i ranghi di una manodopera abbondante e a buon mercato. La
miseria e il precario avvenire costituivano buone ragioni
per tanti, i più intraprendenti o i più disperati, per
tentare l’avventura. Si partiva di solito per l’America in
autunno, terminata la campagna agricola e, quando
l’espatrio non era definitivo, in genere si ritornava in
Italia in primavera per la nuova stagione. I più accorti
riuscivano a portare a casa da 600 a 800 lire l’anno e,
dopo alcune traversate, c’era chi poteva comprarsi in
paese un boccone di terra e costruirsi il "cascinino".
Questi erano però i casi più fortunati, anche se non rari; non pochi invece morivano durante il viaggio e nelle più diverse circostanze, altri tornavano a casa con un pugno di mosche, i più rimanevano definitivamente nel Nuovo Mondo, troncando sovente ogni rapporto con l’Italia e con la stessa famiglia.
La
vita dell’emigrante italiano era dovunque difficile.
Ad Aigues mortes in Francia, nel ‘93, un gruppo di nostri
connazionali venne aggredito dai locali; ci furono vari
morti e tra questi uno era lomellino, certo Paolo Zanetti
di Mede.
Nel 1894 le partenze dalla Lomellina assunsero "proporzioni insolite" e anche da Sannazzaro ci fu un vero e proprio esodo. Ben 48 famiglie per complessive 227 persone s’imbarcarono negli ultimi mesi dell’anno per il Brasile. Erano state incoraggiate da un manifesto apparso in paese, col quale il governo brasiliano offriva ad ogni colono viaggio gratuito, 25 ettari di terra da disboscare e 25.000 reis d’anticipo per la costruzione di una casa provvisoria. Molti avevano aderito con entusiasmo alla proposta e con giubilo andavano dicendo in giro: "Vado al Brasile con viaggio pagato". Altri volevano informazioni più precise, come quel tale che così si esprimeva sul giornale: "Sig. scritore dela gassetta leco, io sotoscrito (...) sono statto asai contento di sapperre che per cuelli inclinati a migrare al Brazile si poterà avere dele informasioni (...) io sono solo con un figlio e unna garsonna (...) duncue si come in cuesta fera di taglia ci è niente dafare e bisogna manciare solo pane e salliva duncue io (...) entrarei nella migrasione". Venduti i "pochi cenci ed attrezzi" e tagliati così i ponti alle loro spalle, gli emigranti si erano imbarcati su sgangherati bastimenti brasiliani e, dopo un viaggio avventuroso, erano giunti al porto di Vitoria. Meta: le foreste dello stato di Espirito Santo. Dopo aver viaggiato "per boschi oscuri e sassosi sopra i monti, passate acque che bisognava fendere fino alla cintola", finalmente i nostri coloni erano giunti sul posto. Tutti vennero alloggiati alla meglio "in baracconi aperti da tutte le parti", esposti alle intemperie e alle bestie feroci. Il vitto era scarso e pessimo: "Altro che in America si mangia sempre carne, non posso saziarmi di pane, certe volte mi tocca mangiare una radice di legno macinata sottile". Chi forniva queste notizie era uno degli emigrati, certo Francesco Bobbio, già strillone dell’Eco. E il lavoro? Si trattava di estirpare "piante grossissime che a tagliarle ci vuol tre giorni luna". Di fronte a tale situazione la nostalgia per la patria era d’obbligo: "Oh! Quando penso che in Italia si mangia e si beve bene e si sta bene per l’acqua fresca e qui è caldissima e brutta come quando scola per le contrade". E si aggiungeva: "piuttosto che essere venuti in questi paesi, mi contento mangiare una volta al giorno al mio paese o cercar la carità". La disperazione nel povero emigrante - "sono perduto (...) mi anno ingannato (...) mi hanno fatto schiavo" - si accompagnava alla speranza e alla fiducia nelle proprie forze: "Ho il fisico e il cuore forte a basta per combattermi con quella canaglia di direttore (...) ho paura che qualche momento (...) faccio qualche delitto o omicidio: sono forzato a farlo! (...) ieri sera ho litigato col direttore, uomo grosso, ma a me non mi fa paura". Questo il povero Bobbio scriveva ai primi del ‘95; qualche settimana dopo, "ridotti i piedi inservibili" a causa di certi parassiti "e quindi costretto a trascinarsi col sedere per terra (...) assalito dalla febbre gialla, era passato a miglior vita". Le notizie le trasmisero due di Sannazzaro che ai primi di agosto erano riusciti fortunosamente a rimpatriare.
Poveri sannazzaresi, era il caso di dire, dove mai erano andati a finire! Quello in cui erano stati portati era certo uno dei luoghi più inospitali; ma loro, braccianti semi-analfabeti, non lo potevano sapere e, chi lo doveva, si era ben guardato dal metterli sull’avviso.
(1)Riportano C. Ge Rondi. P.
Scaramozzino, in "Quadro demografico ed economico della
provincia di Pavia: 1881-1921" - Annalidi storia pavese,
11/85: "Sono emigrate dalla provincia di Pavia, fra il
1882 e il 1921, poco più di 133 mila persone di cui ben
110 mila (cioè 1’89,90%) verso i paesi transoceanici". Di
quei 110 mila emigrati nelle Americhe buona parte,
probabilmente la maggioranza, era costituita da lomellini.
(Da "Una terra una popolazione - Sannazzaro de' Burgondi attraverso il suo giornale - 1890/1926" di Alessandro Savini, 1987, per gentile concessione).
Famiglie sannazzaresi nel mondo: gli Arpiani, gli Zucca, i Bianchi, gli Astaldi.
Oriundi Sannazzaresi: dopo aver visitato il sito, alcuni navigatori, figli o nipoti o parenti di ex-Sannazzaresi, si sono messi in contatto con il curatore di queste pagine allacciando, in qualche caso, un amichevole, interessante rapporto epistolare, con reciproco scambio di notizie tramite e-mail.